Con sentenza n. 26246 del 6 settembre 2022 la Cassazione ha stabilito un importantissimo principio di diritto relativo alla data da cui far decorrere la prescrizione per i crediti di lavoro. Quella che potrebbe erroneamente sembrare una astratta questione tecnico-giuridica ha invece una portata applicativa molto concreta per il portafoglio dei lavoratori e delle lavoratrici.
La prescrizione (in ambito civile) è l’istituto per cui un diritto non può più essere esercitato in conseguenza (e a causa) dell’inerzia del titolare. Per i crediti retributivi tale termine è di 5 anni, per cui se qualcuno durante tutto un quinquennio non ha mai rivendicato, che so, delle differenze retributive per aver svolto mansioni di livello superiore o del lavoro straordinario non pagato, non può più farlo.
Per la Suprema Corte il criterio di individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione dei diritti dei lavoratori deve soddisfare un’esigenza di conoscibilità chiara, predeterminata e di semplice identificazione. Quanto sopra presuppone che, fin dalla instaurazione del rapporto di lavoro, ciascuna delle parti possa conoscere i suoi diritti e, nel caso specifico, fino a quando tali diritti possono essere esercitati. Esigenza che riguarda sia il lavoratore destinatario della previsione normativa, ma anche il datore di lavoro che pure ha il diritto di conoscere quali siano “i tempi” entro cui il lavoratore può rivendicare i propri diritti, al fine di programmare una prudente organizzazione della propria attività d’impresa, tenuto conto anche della sua capacità di poter sostenere costi e oneri. Il focus è dunque costituito dalla individuazione del termine di decorrenza della prescrizione quinquennale dei crediti retributivi del lavoratore ai sensi dell’art. 2948 n. 4 c.c. in relazione all’art. 2935 c.c. – momento dal quale il diritto può essere fatto valere – e ciò in ragione del regime di stabilità o meno del rapporto di lavoro (si annota che per crediti retributivi si intendono, a titolo esemplificativo, le differenze retributive, le competenze spettanti alla cessazione del rapporto di lavoro, il compenso per lavoro straordinario e le retribuzioni per le festività nazionali coincidenti con la domenica). Questione che la S.C. ha ritenuto di affrontare e di risolvere seguendo l’insegnamento di oltre un cinquantennio di elaborazioni giurisprudenziali (il così detto “diritto vivente”) nella consapevolezza del significativo cambiamento operato dalle riforme intervenute nel tempo in materia di lavoro.
Per l’effetto, a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge Fornero n. 92/2012 e con la introduzione del regime previsto dal Lgs. 23/2015 – Jobs Act – il rapporto di lavoro a tempo indeterminato cui si applica l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, non è più assistito da un regime di stabilità; regime in presenza del quale l’art. 2948 n. 4 c.c. consente il decorso della prescrizione in costanza del rapporto di lavoro. Ne consegue che il termine di prescrizione di tutti i diritti non ancora prescritti al momento della entrata in vigore della L. 92/2012 deve iniziare a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il principio di diritto di cui alla Sentenza n. 26246/2022 è il seguente: “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92/2012 e del D.Lgs. 23/2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa della fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicchè, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento della entrata in vigore della L. n. 92/2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948 n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”.
La Cassazione il 6 settembre ha accolto la tesi più favorevoli ai lavoratori, stabilendo che per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge Fornero (luglio 2012), il termine di prescrizione decorra dalla cessazione del rapporto di lavoro. Con queste conseguenze: se fino al 5 settembre 2022, (prima della sentenza) la mensilità non pagata di ad es. di luglio 2012 per una diffusa opinione doveva essere richiesta entro il luglio 2017, ora invece potrà essere richiesta entro 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.