Inquadramento – Mansioni – Prestazioni aggiuntive – Posizioni organizzative – Ripetizione indebito – Straordinario
“In tema di pubblico impiego privatizzato, la materia degli inquadramenti del personale è stata affidata dalla legge allo speciale sistema di contrattazione collettiva che nel settore pubblico può intervenire senza incontrare il limite della inderogabilità delle norme in materia di mansioni concernenti il lavoro subordinato privato, sicchè le scelte della contrattazione collettiva sull’inquadramento del personale, e di corrispondenza tra le vecchie qualifiche e le nuove aree, sono sottratte al sindacato giurisdizionale, dovendosi escludere che il principio di non discriminazione di cui all’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 costituisca parametro di giudizio sulle eventuali differenziazioni operate in tale sede.” Cass. Lavoro sent. 1241/2016.
“In tema di rapporto di lavoro pubblico, l’equivalenza delle mansioni dipende dalla sola riconduzione di diverse mansioni alla stessa qualifica ad opera del contratto collettivo”. Cass. Lavoro sent. 2011/2017.
“Ai sensi dell’art. 42 1 comma d.lgs. n. 165/2001, nonché dell’art. 3 comma 2 CCNL comparto regioni ed autonomie locali, lo ius variandi del datore di lavoro pubblico è legittimamente esercitato laddove le nuove mansioni assegnate al lavoratore rientrino nella stessa area professionale di inquadramento prevista dal contratto collettivo di comparto (c.d. equivalenza formale), senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura sostanzialmente pariordinata delle mansioni successivamente assegnate.” Cass. Lavoro sent. 2140/2017.
“A partire dalla sentenza resa dalle Sezioni Unite n. 8740/08, è principio costante nella giurisprudenza di questa Corte che, in materia di pubblico impiego contrattualizzato non si applica l’art. 2103 c.c. (Prestazione di lavoro), essendo la materia disciplinata compiutamente dal D.lgs. n. 165 del 2001 art. 52 che assegna rilievo, per le esigenze di duttilità del servizio e buon andamento della P.A., solo al criterio di equivalenza formale con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita. Dunque non è ravvisabile alcun demansionamento qualora le
nuove mansioni rientrino nella medesima area professionale prevista dal contratto collettivo.” Cass. Lavoro sent. 2140/2017 – Principio di diritto.
“Sulla questione dello svolgimento delle mansioni dirigenziali di reggenza e l’incidenza ai fini dell’indennità di buonuscita, le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 10413 /2014, componendo un contrasto giurisprudenziale, hanno ribadito il principio secondo cui nel regime dell’indennità di buonuscita spettante, ai sensi del DPR 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38, al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, art. 52, nella base di calcolo dell’indennità va considerato lo stipendio relativo alla qualifica di appartenenza e non quello corrisposto per il temporaneo esercizio delle superiori mansioni di dirigente.” Cass. Lavoro sent. 8305/2017 – Principio di diritto.
“Nel pubblico impiego contrattualizzato lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non ha rilievo ai fini della progressione in carriera nelle procedure di riqualificazione del personale, in applicazione del principio di cui all’art. 52 del d.lgs
n. 165 del 2001, che sancisce la nullità della corrispondente assegnazione, né è configurabile una diversa previsione da parte della normativa contrattuale, la quale è autorizzata a prevedere fattispecie in deroga solo ai commi 2, 3, e 4, ma non al comma 4 del medesimo articolo, relativo all’esercizio di fatto di mansioni superiori”. Cass. Lavoro sent. 24985/2016.
“…il sistema di classificazione delineato dal c.c.n.l. comparto regioni-Enti locali del 31 marzo 1999 configura, nell’ambito della categoria D, posizioni differenziate non solo sotto il profilo economico ma anche sotto quello professionale in relazione alla diversa professionalità di provenienza (nella specie per le ex 7 e 8 qualifica funzionale confluite, rispettivamente, nella categoria D, posizioni economiche D1 e D3) atteso che l’art. 4 dell’accordo collettivo come ribadito dall’art. 9 del CCNL del 5 ottobre 2001 – prevede per il passaggio all’interno della stessa categoria D ad una delle posizioni economiche superiori la medesima procedura selettiva stabilita
per il passaggio da una categoria all’altra. “ Cass. Lavoro sent. 57/2017 – Principio di diritto.
“ Le qualifiche funzionali previste per il personale degli enti pubblici non economici sono divenute inapplicabili a seguito della stipulazione – in attuazione del d.lgs. n. 29 del 1993 art. 72 (successivamente trasfuso nel d.lgs. n. 165 del 2001 art.69) – del ccnl di comparto, le cui disposizioni individuano i nuovi equivalenti profili professionali e ridefiniscono quelli preesistenti nell’ambito delle nuove aree di inquadramento, costituendo la fonte esclusiva per valutare se un dipendente abbia, o meno, svolto mansioni diverse dalla qualifica. …Invero il D.lgs. n. 29 del 1993,art.56 (ora d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 art. 52), pur nelle varie formulazioni succedutesi nel tempo, ha sempre escluso che dallo svolgimento delle mansioni superiori possa in alcun caso conseguire – ad di là del trattamento contributivo corrispondente alle mansioni superiori svolte – l’automatica attribuzione della qualifica superiore.” Cass. Lavoro sent. 59/2017.
“Viene pertanto in considerazione il principio costantemente affermato da questa Corte secondo cui nel rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato, la materia dei trattamenti economici e degli inquadramenti del personale contrattualizzato è stata affidata dalla legge allo speciale sistema di contrattazione collettiva del settore pubblico che può intervenire senza incontrare il limite della inderogabilità delle norme in materia di mansioni concernenti il lavoro subordinato privato, sicchè le scelte della contrattazione collettiva in materia di inquadramento del personale e di corrispondenza tra le vecchie qualifiche e le nuove aree sono, in linea generale, sottratte al sindacato giurisdizionale e il principio di non discriminazione di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, art. 45, non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in sede di contratto collettivo (vedi Cass. 2 settembre 20101 n. 19007). Infatti tale principio è applicabile ad eventuali disparità che nascano da autonome scelte del datore di lavoro, mentre non viene in considerazione se le disparità derivano da pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e istituzionalizzato, di regola sufficiente a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete.” Cass. Lavoro sent. 213/2017.
“…il parametro di riferimento per la configurabilità in astratto di una prestazione aggiuntiva, deve essere il sistema di classificazione dettato dalla contrattazione collettiva, giacché la mansione potrà essere considerata ulteriore rispetto a quelle che il datore di lavoro può legittimamente esigere – D.lgs. n. 165 del 2001 – ex art. 52, solo a condizione che la stessa esuli dal profilo professionale delineato in via generale dalle parti collettive. Va poi precisato che la prestazione può essere considerata aggiuntiva solo qualora la mansione assegnata esuli dal profilo professionale, non già nella diversa ipotesi in cui, a fronte di un inquadramento che comporti una pluralità di compiti, il datore di lavoro, nell’ambito del normale orario, eserciti il suo potere di determinare l’oggetto del contratto, dando prevalenza all’uno o all’altro compito riconducibile alla qualifica di assunzione o individuando il settore di attività nel quale la mansione deve essere espletata.” Cass. Lavoro sent. 2145/2017.
“In tema di mobilità del personale, lo svolgimento di fatto di mansioni classificate come superiori dal precedente ordinamento pubblicistico ed ora appartenenti ad un’unica area, non comporta né il diritto alla attribuzione, in via definitiva, di quelle specifiche mansioni, né il diritto all’inserimento in una graduatoria di mobilità che faccia riferimento ad una determinata categoria”. Cass. Lavoro sent. 21987/2016.
“In tema di pubblico impiego l’attuazione dei principi di all’art. 97 Cost. può legittimare l’assegnazione a settori o mansioni diverse del pubblico dipendente nei casi di situazioni di fatto di incompatibilità ambientale, che, seppure prescindono da ragioni punitive o disciplinari e sono riconducibili in via sistematica all’art. 2103 c.c., si distinguono dalle ordinarie esigenze di assetto organizzativo, in quanto costituiscono esse stesse causa di disorganizzazione e disfunzione realizzando, di per sé, un’obiettiva esigenza di modifica e spostamento del settore organizzativo o del luogo di lavoro”. Cass. Lavoro sent. 21030/2016.
“In tema di pubblico impiego privatizzato, al lavoratore distaccato presso gli uffici giudiziari proveniente da una amministrazione di comparto diverso dai Ministeri, non spetta l’indennità di amministrazione, prevista dall’art. 34 del ccnl comparto Ministeri per i lavoratori del Ministero della Giustizia e, successivamente, dall’art.
28 del ccnl del 16 febbraio 1999, in quanto il trattamento economico dei lavoratori distaccati, riservato dall’art. 71 del d.lgs. n. 165 del 2001 alla contrattazione collettiva, va individuato con riferimento alla contrattazione collettiva propria dell’ente distaccante, con cui non viene meno il rapporto di lavoro, non venendo il lavoratore distaccato inquadrato nell’amministrazione di destinazione.” Cass.
Lavoro sent. 19916/2016
“In tema di esonero dal servizio, per inidoneità fisica o psichica, del pubblico impiegato, l’art. 22 ter del ccnl del 16 maggio 1995 comparto Ministeri, come integrato dall’art. 4 del ccnl. Del 22 ottobre 1997, si esprime in termini di assoluta doverosità riguardo ai comportamenti richiesti alla P.A., che deve esperire ogni utile tentativo per il recupero del dipendente al servizio attivo, se del caso con mansioni diverse e, in carenza di posti e previo consenso dell’interessato, anche inferiori, nonché in termini di mera possibilità in ordine alla provenienza della richiesta, di reinquadramento dal dipendente, sicché, anche in assenza di iniziativa del lavoratore, non più idoneo alla mansione, il datore di lavoro pubblico non è esonerato dal percorrere tutte le strade alternative, previste nello stesso ccnl, prima di adottare il provvedimento di dispensa”. Cass. Lavoro sent. 14113/2016
“…le posizioni organizzative, che si concretano nel conferimento al personale inquadrato nelle aree di incarichi relativi allo svolgimento di compiti che comportano elevate capacità professionali e culturali corrispondenti alla direzione di unità organizzative complesse e all’espletamento di attività professionali, e nell’attribuzione della relativa posizione funzionale. In particolare , la contrattazione collettiva ha previsto che possono essere preposti a tali posizioni i dipendenti appartenenti all’area apicale dei diversi comparti. …La posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo professionale che rimane invariato, né un mutamento di area, ma comporta soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell’incarico.” Cass. Lavoro sent. 2141/2017
“…questa Corte ha, infatti, già avuto modo di chiarire che in materia di pubblico impiego contrattualizzato, in caso di domanda di ripetizione dell’indebito proposta dall’amministrazione nei confronti di un proprio dipendente, in relazione a somme corrisposte a titolo di retribuzione, qualora risulti accertato che l’erogazione è
avvenuta sine titulo la ripetibilità delle somme non può essere esclusa per buona fede dell’accipiens, in quanto questa norma riguarda, sotto il profilo soggettivo, solo la restituzione dei frutti e degli interessi.” Cass. Lavoro ordin. 21124/2017
“…le parti collettive che, dopo la contrattualizzazione del pubblico impiego, nel dettare per i singoli comparti la disciplina del lavoro straordinario, hanno rimarcato: la necessità dell’autorizzazione; il divieto di utilizzare lo straordinario come strumento per fronteggiare le esigenze ordinarie; la conseguente impossibilità di consentire in via generalizzata il ricorso allo straordinario, senza una preventiva valutazione delle esigenze rilevanti nei singoli casi.” Cass. Lavoro sent. 2509/2017
“…la previsione di un compenso maggiorato per l’attività prestata in un giorno festivo non incide, neppure indirettamente, sulla disciplina della durata complessiva settimanale dell’attività lavorativa e sul diritto del dipendente alla fruizione del necessario riposo, che dovrà essere garantito dall’azienda, a prescindere da una richiesta, trattandosi di diritto indisponibile, riconosciuto dalla Carta costituzionale oltre che dall’art. 5 della direttiva 2003/88/CE.” Cass. Lavoro ordin. 14911/2017
“In materia di pubblico impiego privatizzato, il principio espresso dall’art. 45 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, secondo il quale le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede, in quanto la disparità trova titolo non in scelte datoriali unilaterali lesive, come tali, della dignità del lavoratore, ma in pattuizioni dell’autonomia negoziale delle parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e sufficientemente istituzionalizzato, di regola sufficiente, salva l’applicazione di divieti legali, a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete. … Sotto ulteriore angolazione visuale, va ricordato che questa Corte ha già avuto modo di statuire più volte, con orientamento cui va data continuità, che il d.lgs. n. 165 del 2001, art. 45 cpv. non vieta ogni trattamento differenziato nei confronti delle
singole categorie di lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni normative, restando escluse dal sindacato del giudice le scelte compiute in sede di contrattazione collettiva. In altre parole, il principio di parità di trattamento nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico, sancito dal cit. art. 45, vieta trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli previsti dal contratto collettivo, ma non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in quella sede.” Cass. Lavoro sent. 7350/2017
“…le scelte della contrattazione collettiva in materia di inquadramento del personale e di corrispondenza tra le vecchie qualifiche e le nuove aree sono sottratte al sindacato giurisdizionale, ed il principio di non discriminazione di cui al D.lgs. n. 165 del 2001, art. 45 non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in sede di contratto collettivo.” Cass. Lavoro sent. 1048/2017
“Nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai
c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.” Cass. Lavoro ordin. 9700/2017 – Principio di diritto
“…nel rapporto di lavoro pubblico privatizzato, la materia dei trattamenti economici e degli inquadramenti del personale contrattualizzato è stata affidata dalla legge allo speciale sistema di contrattazione collettiva del settore pubblico che può intervenire senza incontrare il limite della inderogabilità delle norme in materia di mansioni concernenti il lavoro subordinato privato, sicché le scelte della contrattazione collettiva in materia di inquadramento del personale e di corrispondenza tra le vecchie qualifiche e le nuove aree sono, in linea generale, sottratte al sindacato giurisdizionale e il principio di non discriminazione di cui
all’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in sede di contratto collettivo (vedi: Cass. 2 settembre 2010, n. 19007). Infatti, tale principio è applicabile a eventuali disparità che nascano da autonome scelte del datore di lavoro, mentre non viene in considerazione se le disparità derivano da pattuizioni dell’autonomia negoziale delle Parti collettive, le quali operano su un piano tendenzialmente paritario e istituzionalizzato, di regola sufficiente a tutelare il lavoratore in relazione alle specificità delle situazioni concrete (vedi, per tutte, “mutatis mutandis”: Cass. n. 1037/14; Cass. n. 6842/14; Cass. n. 14331/14 e, in precedenza, Cass. n. 16504/08; Cass. n. 5726/09; Cass. n. 6027/09; Cass. n. 12336/09; Cass. n. 4962/12; Cass. n. 4971/12).” Cass. Lavoro sent. 213/2017 – Principio di diritto
“ La disciplina concernente il diritto del lavoratore a conservare l’anzianità al fine di ottenere la progressione in carriera nell’ambito della stessa categoria di inquadramento può essere rimessa alla contrattazione decentrata…e …detta contrattazione, ancorché prevista in via di completamento ed integrazione, non trova alcun limite nelle disposizioni del contratto collettivo nazionale, le quali non contengono, al riguardo, alcune regolamentazione. Il che si giustifica tenendo presente la specificità delle situazioni presenti nei singoli enti, che si è evidentemente inteso privilegiare in ordine al sistema delle progressioni economiche orizzontali”. Cass. Lavoro sent. 14707/2017- Principio di diritto
“Il conferimento delle posizioni organizzative al personale non dirigente delle Pubbliche Amministrazioni inquadrato nelle aree, la cui definizione è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva, esula dall’ambito degli atti amministrativi autoritativi e si iscrive nella categoria degli atti negoziali, assunti dall’Amministrazione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro, a norma dell’art. 5, comma secondo, del d.lgs. n. 165 del 2001 (S.U. n. 16540 del 2008 e n. 8836 del 2010 e, più di recente, Cass. n. 2836 del 2014) ). Invero, l’art. 40, comma 2, del d. Igs. n. 165 del 2001 prevede la definizione, ad opera dei contratti di comparto, di un’apposita disciplina applicabile alle figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgano compiti di direzione, tecnico – scientifici e di ricerca, ovvero che comportino l’iscrizione ad albi professionali. Si
tratta, appunto, delle c.d. posizioni organizzative, che si concretano nel conferimento al personale inquadrato nelle aree di incarichi relativi allo svolgimento di compiti che comportano elevate capacità professionali e culturali corrispondenti alla direzione di unità organizzative complesse e all’espletamento di attività professionali e nell’attribuzione della relativa posizione funzionale. In particolare, la contrattazione collettiva ha previsto che possono essere preposti a tali posizioni i dipendenti appartenenti all’area apicale dei diversi comparti;… La posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo professionale, che rimane invariato, né un mutamento di area, ma comporta soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell’incarico. Si tratta, in definitiva, di una funzione ad tempus di alta responsabilità la cui definizione – nell’ambito della classificazione del personale di ciascun comparto – è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva (SS.UU. n. 16540 del 2008 e n. 8836 del 2010, nonché da ultimo, Cass. nn 6367 e . 20855 del 2015). Anche per quanto attiene al conferimento di tali posizioni organizzative, l’Amministrazione è tenuta al rispetto dei criteri di massima indicati dalle fonti contrattuali e all’osservanza delle clausole generali di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., senza tuttavia che la predeterminazione dei criteri di valutazione comporti un automatismo nella scelta, la quale resta rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro. Ora, per la copertura dell’incarico, anche laddove la scelta sia confinabile nell’ambito di una lista di soggetti idonei in quanto dotati dei requisiti necessari, la selezione è il frutto di una scelta comparativa di carattere non concorsuale, in quanto non caratterizzata dallo svolgimento di prove o selezioni sulla base di una lex specialis, né dalla compilazione di una graduatoria finale.”
Cass. Lavoro sent. 2141/2017
“…il conferimento di una posizione organizzativa non comporta l’inquadramento in una nuova categoria contrattuale ma unicamente l’attribuzione di una posizione di responsabilità, con correlato beneficio economico. Ne consegue che la revoca di tale posizione non costituisce demansionamento e non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 2103c.c. (che non si applica al pubblico impiego
contrattualizzato) e del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 art. 52, trovando applicazione il principio di turnazione degli incarichi, in forza del quale alla scadenza il dipendente resta inquadrato nella categoria di appartenenza, con relativo trattamento economico”. Cass. Lavoro sent. 21261/2017 – Principio di diritto