Il silenzio della pubblica amministrazione rientra tra le materie di competenza del
Diritto Amministrativo ed indica quel comportamento inerte della P.A. che si manifesta
nelle ipotesi in cui quest’ultima non risponda espressamente ad una richiesta del
privato, nonostante il decorso del tempo.
Il silenzio, per sua natura, ha un valore neutro così come recita locuzione latina “qui
tacet, non utique fatetur, sed tamen verum est eum non negare” ossia “chi tace, è vero
che non confessa, ma tuttavia non nega” e quindi chi tace nulla dice.
Sennonchè, in diritto amministrativo, il silenzio, talvolta, ha un valore significativo
come nel caso del silenzio-assenso e del silenzio-rigetto; ricorre la prima ipotesi, e
quindi il provvedimento si intende accolto, qualora entro un certo termine la P.A. non
comunichi al privato il relativo diniego, viceversa si assiste al silenzio rigetto qualora
entro un dato termine l’Amministrazione non comunichi al privato il provvedimento di
accoglimento.
Tuttavia, come detto in premessa, in diritto amministrativo vi sono casi di silenzio non
giuridicamente qualificati, che costituiscono il c.d. silenzio inadempimento che ricorre
in quelle materie in cui il silenzio assenso non trova applicazione per espressa
disposizione di legge (si veda il comma 4 dell’art. 20 della l. n. 241/1990).
La condotta inerte della P.A., che crea inevitabilmente una situazione di assoluta
incertezza, rappresenta in linea di principio un illecito di tipo omissivo, ponendosi in
contrasto con il disposto di cui all’art. 2 del C.P.A., secondo cui “ove il procedimento
consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le
pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un
provvedimento espresso”.
Sulla scorta del dettato normativo sopra richiamato, si pone una recente sentenza del
TAR Campania – Napoli che ha stabilito che “Il presupposto sostanziale del silenzio inadempimento ricorribile ex art. 117 c.p.a. è la sussistenza di un obbligo di provvedere
a fronte dell’istanza del privato, ossia di adottare un provvedimento amministrativo
autoritativo, in ossequio al precetto dell’art. 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
In altri termini, l’omessa emanazione del provvedimento finale assume il valore di
silenzio-rifiuto (o inadempimento), in quanto sussista un obbligo giuridico di
provvedere, cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla
competenza dell’organo amministrativo destinatario della richiesta, mediante avvio di
un procedimento amministrativo volto all’adozione di un atto tipizzato nella sfera
autoritativa del diritto pubblico.
In mancanza di un simile presupposto, l’inerzia dell’amministrazione non può
qualificarsi in termini di silenzio rifiuto (o inadempimento)”
Si badi che l’inerzia dell’amministrazione diviene illegittima laddove il privato manifesti
inequivocabilmente l’interesse ad avere un provvedimento espresso.
In questa circostanza, il silenzio integra un comportamento inadempiente della P.A. con
la conseguenza che fin quando persiste la situazione di inadempimento, ma comunque
non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, il
privato può ricorrere al TAR al fine di chiedere l’accertamento dell’obbligo
dell’Amministrazione di provvedere.
Il G.A. potrà pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa del privato nelle sola ipotesi di
attività vincolata o comunque quando risulta che non vi siano più margini per l’attività
discrezionale della P.A e purché non siano necessarie ulteriori attività istruttorie da
parte di quest’ultima.
Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata ed in caso di accoglimento la P.A.
viene obbligata a provvedere entro un termine che di solito non è superiore ai 30
giorni.
Il Giudice può anche nominare un Commissario ad acta.
Infine, grave una responsabilità in capo all’Amministrazione nelle ipotesi di
inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento così come
previsto dall’art. 2 bis della L. 241/1990, secondo cui “Le pubbliche amministrazioni e i
soggetti di cui all’art. 1, comma-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto
cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione
del procedimento”.