Massime giurisprudenza Autoferrotranvieri

Massime giurisprudenza Autoferrotranvieri

MASSIME GIURISPRUDENZA AUTOFERROTRANVIERI

 

In tema di procedimento disciplinare a carico dei lavoratori autoferrotranvieri, si applica la speciale disciplina dettata dall’Allegato A al R.D. n. 148/1931, mai abrogata, che prevede una procedura maggiormente garantita rispetto a quella prevista dalla normativa generale, articolata in piu` fasi, inderogabile, fondata su uno scopo di tutela del lavoratore dipendente quale contraente debole del rapporto. L’omissione di una delle suddette fasi determina la nullita` della sanzione disciplinare per violazione dell’iter legislativo previsto per l’irrogazione della stessa e pertanto rientra, per tale tipo di violazione, nella categoria delle nullita` di protezione

Cassazione civile, Sez. lav., 31 maggio 2017, n. 13804

 

In tema di licenziamento disciplinare degli autoferrotranvieri, si applica la speciale disciplina prevista dall’Allegato A del R.D. n. 148/1931, di cui va riconosciuta la perdurante efficacia e rispetto alla quale non e` ravvisabile alcuna violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento, anche comunitario. Tale speciale disciplina connota il rapporto degli autoferrotranvieri per quanto attiene a tutto il regime relativo ai licenziamenti e, quindi, anche per cio` che riguarda il dispiegarsi del procedimento disciplinare. La lesione del vincolo fiduciario, valutata preventivamente dal legislatore in relazione all’ipotesi di reato contestata, non puo` essere disconosciuta anche secondo i canoni previsti dalla legge in generale, in ragione della gravita` insita nell’ipotesi di reato, significativa di una personalita` estremamente negativa dell’autore anche in ambito lavorativo

Cassazione civile, Sez. lav., 14 marzo 2017, n. 6530

 

 

All’autoferrotranviere sospeso, ai sensi dell’art. 46, comma 6, all. A, del r.d. n. 148 del 1931, per procedimento disciplinare o per arresto dovuto a causa di servizio, in caso di assoluzione per non aver commesso il fatto, per inesistenza del reato o perché il fatto non costituisce reato, è corrisposto un indennizzo in misura pari alla differenza tra l’assegno alimentare erogato durante la sospensione e lo stipendio maturato nello stesso periodo, mentre non trova applicazione il regime di cui agli artt. 96 e 97 del d.P.R. n. 3 del 1957, avente un differente un ambito soggettivo ed oggettivo.

(Rigetta,

Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 18/06/2018, n. 16027 (rv. 649357-01)

 

 

In tema di licenziamento disciplinare degli autoferrotranvieri, va ritenuta la perdurante efficacia della disciplina speciale di cui all’allegato A del r.d. n. 148 del 1931, rispetto alla quale non è ravvisabile alcuna violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento, anche comunitario; la lesione del vincolo fiduciario, infatti, è stata preventivamente valutata dal legislatore in relazione all’ipotesi di reato contestata (nella specie quello di cui all’art. 416-bis c.p.), né, peraltro, la stessa può essere disconosciuta secondo i canoni previsti dalla legge generale, in ragione della gravità insita nell’ipotesi di reato, significativa di una personalità estremamente negativa dell’autore anche nell’ambito lavorativo. (Rigetta, CORTE D’APPELLO PALERMO, 17/12/2014) Cass. civ. Sez. lavoro, 14/03/2017, n. 6530 (rv. 643444-01)

 

 

Nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, in tema di svolgimento di mansioni superiori, pur non applicandosi l’art. 2103 c.c. sulla cd. promozione automatica, ma vigendo ancora l’art. 18 dell’allegato A del r.d. n. 148 del 1931, la pluriennale copertura del posto da parte del lavoratore con qualifica inferiore costituisce elemento presuntivo della relativa vacanza, dell’assenza di una riserva datoriale di provvedervi mediante concorso e dell’idoneità del dipendente all’esercizio delle mansioni superiori, sicché, in linea con l’attenuazione della specialità del rapporto di lavoro in questione in graduale avvicinamento alla disciplina del rapporto di lavoro privato, al lavoratore può essere riconosciuto il diritto all’inquadramento superiore. (Rigetta, App. Palermo, 30/05/2012)

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 17/06/2016, n. 12601 (rv. 640334)

 

 

In materia di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto di lavoro a tempo indeterminato è valida la previsione, introdotta in sede di contratto collettivo, di un salario di ingresso (cosiddetto prolungato) in deroga all’art. 3 deld.l. n. 726 del 1984, conv. con modif. nella l. n. 863 del 1984, in quanto il minore trattamento retributivo si giustifica per la oggettiva delimitazione di carattere temporale e per la finalità di incentivare la stabilizzazione del rapporto. (Principio affermato con specifico riguardo al salario di ingresso prolungato di cui all’accordo di rinnovo del c.c.n.l. degli autoferrotranvieri per il periodo 2000-2003). (Cassa e decide nel merito, App. Firenze, 14/04/2008)

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 25/09/2015, n. 19028 (rv. 637081)

 

 

In tema di rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, l’art. 5 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, secondo cui il lavoro straordinario deve essere remunerato con un aumento del dieci per cento sulla paga per lavoro ordinario, si applica nel solo caso di superamento del limite legale dell’orario di lavoro di quarantotto ore settimanali. Ove si permanga all’interno di tale limite, opera il criterio generale di cui all’art. 2108 c.c., per cui le ore straordinarie devono essere compensate con un aumento, quale che sia, di retribuzione rispetto a quella per lavoro ordinario, sicché non è affetta da nullità la clausola contrattuale collettiva che ha ridotto da trentanove a trentasette ore settimanali l’orario di lavoro, considerando come straordinario il lavoro prestato oltre le trentasette ore, ma compensandolo con una maggiorazione del dieci per cento su una quota oraria di retribuzione calcolata sulla base di trentanove ore.

Cass. civ. Sez. lavoro, 22/07/2002, n. 10710

 

 

In materia di rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, deve escludersi – con riferimento alle disposizioni dettate dall’art. 5 r.d.l. n. 692 del 1923 e dall’art. 3 r.d.l. n. 2328 del 1923 (che prevedono per la prestazione di lavoro straordinario una maggiorazione pari al 10% della retribuzione) – la illegittimità degli accordi aziendali 23 giugno 1983 e 28 luglio 1988, nella parte in cui prevedono la riduzione a 37 ore della durata della prestazione lavorativa settimanale, rimanendo fermo il riferimento all’orario previgente, determinato in 39 ore settimanali dal contratto nazionale, ai fini retributivi e, in particolare, ai fini della determinazione della quota oraria della retribuzione, rilevante anche per il computo del compenso per lavoro straordinario; ed infatti la difformità fra l’orario rilevante ai fini normativi e retributivi e la durata della prestazione effettivamente richiesta consegue non ad una costruzione arbitraria o solo fittizia, ma alla imposizione di determinati limiti, effettivamente voluti dalle parti, ad una pattuizione di maggior favore per i lavoratori (rispetto alle generali previsioni della contrattazione collettiva), consistente nella riduzione della prestazione lavorativa attuata mediante la semplice riduzione dell’orario di lavoro, in una situazione normativa che, peraltro, non avrebbe consentito un incremento retributivo, pur limitato alle prestazioni straordinarie, in virtù del divieto di deroghe migliorative stabilito per gli accordi aziendali dall’art. 5 ter d.l. n. 702 del 1978, introdotto dalla legge di conversione n. 3 del 1979 e vigente all’epoca della stipula dei suddetti accordi.

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 01/07/2014, n. 14940 (rv. 631599)

 

 

In tema di lavoro a turni del personale autoferrotranviario, nel regime anteriore al d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 – che per la prima volta ha disciplinato compiutamente il riposo giornaliero – trova applicazione in via analogica, in mancanza di specifica regolamentazione contrattuale, la legge 22 febbraio 1934, n. 370, per cui è sufficiente che l’avvicendamento dei turni, con il rispetto del riposo settimanale (unico costituzionalmente tutelato), non incida in maniera apprezzabile sul diritto al riposo giornaliero, dovendosi consentire le ventiquattro ore consecutive di riposo settimanale, sia pure ripartite in due giorni solari immediatamente successivi, senza incidere in misura più o meno elevata sul riposo giornaliero. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda risarcitoria per usura psico-fisica, avendo accertato che la parziale sovrapposizione di riposo settimanale e giornaliero nel passaggio dal terzo al primo turno era compensato dalla fruizione di circa 48 ore di riposo nel cambio tra il primo ed il secondo turno, riequilibrando il rapporto tra riposi giornalieri e settimanali). (Rigetta, App. Napoli, 12/07/2007)Cass. civ. Sez. VI – Lavoro Ord., 23/12/2016, n. 26925 (rv. 642297-01)

 

 

Nel rapporto di lavoro subordinato privato non opera, di regola, il principio di parità del trattamento retributivo, né la valutazione di adeguatezza della retribuzione all’art. 36 Cost. comporta il riferimento a tutti gli elementi ed istituti contrattuali che confluiscono nel trattamento economico globale fissato dalla contrattazione collettiva, ma soltanto a quelli che formano il cd. minimo costituzionale. Ne consegue la validità dell’art. 7 del c.c.n.l. dell’11 aprile 1995 Autoferrotranvieri, laddove prevede la riduzione salariale per i primi quindici mesi di rapporto a tempo indeterminato, a seguito della trasformazione di contratto di formazione e lavoro, per i motivi espressi dalle parti stipulanti e, cioè, per l’incentivo premiante per il datore di lavoro che trasformi in rapporti a tempo indeterminato l’ottanta per cento dei contratti di formazione e lavoro in scadenza e per la considerazione che i lavoratori “neoassunti” si trovino in possesso di una professionalità non comparabile con quella degli altri. (Rigetta, CORTE D’APPELLO CATANIA, 06/11/2013)

Cass. civ. Sez. lavoro, 21/01/2015, n. 1027 (rv. 634008)

 

 

 

Nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, l’adibizione dell’agente, divenuto inabile al lavoro, a mansioni inferiori rispetto a quelle in precedenza svolte, comporta l’applicabilità del principio di irriducibilità della retribuzione a condizione che l’inabilità sia a carattere permanente nonché dipesa da infortunio sul lavoro. (Rigetta, App. Catania, 25/07/2011) Cass. civ. Sez. lavoro, 15/04/2002, n. 5380

Deve qualificarsi lavoro straordinario ad ogni effetto legale e contrattuale, in forza dei principi desumibili dagli art. 2107 e 2108 c.c., ogni prestazione eccedente l’orario ordinario fissato dalla legge, dal contratto collettivo o da un contratto individuale più favorevole al prestatore di lavoro; la retribuzione per tale prestazione non può essere inferiore a quella ordinaria onnicomprensiva maggiorata del 10 per cento, ai sensi dell’art. 5 r.d.l. n. 692 del 1923, che si applica non al lavoro eccedente la giornata normale di cui all’art. 1 r.d.l. cit., ma a quello eccedente la giornata di lavoro concordata dall’autonomia privata; pertanto, in tema di rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, costituendo lavoro straordinario, in forza del contratto integrativo aziendale, quello prestato oltre le 37 ore, è nulla la clausola del c.c.n.l. che, calcolando la retribuzione oraria ordinaria sulla base del divisore 39 anzichè 37, porta a determinare la maggiorazione della retribuzione oraria in misura inferiore al 10%.

 

Il rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri è compiutamente regolato dalla legislazione speciale, sia per quanto attiene l’orario di lavoro ed i riposi settimanali sia per il trattamento retributivo (r.d.l. n. 2328 del 1923, legge n. 138 del 1958, r.d. n. 148 del 1931) e tale disciplina costituisce la cornice entro cui si esercita legittimamente l’autonomia contrattuale collettiva; incorre nel vizio di omessa motivazione il giudice di merito che, nel decidere una domanda di corresponsione di differenze retributive – con riferimento agli accordi aziendali Co.tra.l. Roma del 1983 e del 1988 – non affronta la questione della legittimità della pattuizione collettiva in virtù della quale è stato progressivamente ridotto l’orario di lavoro settimanale a 38 e poi a 37 ore fermo restando, a fini retributivi, l’orario di 39 ore stabilite dalla contrattazione nazionale. (La S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva determinato la retribuzione oraria ai fini del calcolo della retribuzione per lavoro straordinario sulla base dell’orario previsto dalla contrattazione aziendale).

Cass. civ. Sez. lavoro, 11/05/2000, n. 6057 (rv. 536417)

 

Il licenziamento per inabilità al servizio di cui all’art. 27 del regolamento all. A) r.d. 8 gennaio 1931 n. 148 deve considerarsi ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo; pertanto, per il carattere inderogabile della disciplina di legge in tema di licenziamenti individuali (art. 3 l. 15 luglio 1966 n. 604) la quale considera giustificato il recesso solo se questo costituisca una “extrema ratio” – il datore di lavoro ha l’onere di dimostrare l’impossibilità di altra utilizzazione del lavoratore licenziato nella propria organizzazione, come del resto si desume per lo specifico rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri dallo stesso art. 27 del citato regolamento.

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 16/01/2017, n. 855 (rv. 642512-02)

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 06/06/2013, n. 14317

Con riferimento al rapporto di lavoro dei ferrovieri, l’equo indennizzo è riconoscibile solo a favore dei dipendenti e non anche a favore dei familiari aventi causa, cui l’indennizzo compete per diritto successorio e non iure proprio. L’equo indennizzo, infatti, ha la funzione di ristorare il dipendente delle menomazioni subite a causa di infermità a causa di servizio e, pertanto, la procedura amministrativa per la sua concessione deve da lui essere attivata, quantomeno nella fase iniziale della richiesta di accertamento della causa di servizio, nel rispetto del termine di decadenza fissato dall’art. 4 del D.M. 2 luglio 1983, n. 1622, affinché, nel caso di suo decesso, le fasi successive possano essere promosse dai sui aventi causa.

 

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 06/06/2005, n. 11736

Il lavoratore che presti servizio nella giornata destinata al «riposo compensativo dello svolgimento del turno su cinque giorni lavorativi» ha diritto, qualora tale giornata coincida con una festività infrasettimanale, al pagamento della retribuzione per lavoro straordinario festivo, ma non alla fruizione di altro giorno di riposo in sostituzione di quello non goduto. La mancata fruizione del riposo compensativo, remunerata dall’azienda come lavoro straordinario, non concreta violazione della normativa legale e contrattuale applicabile ai ferrovieri e non determina per il lavoratore alcun pregiudizio di carattere retributivo, risarcitorio o indennitario sotto il possibile danno da usura psicofisica, perché l’usura determinata dal protrarsi delle ore lavorative al di là di quelle dedotte in contratto riceve già un adeguato ristoro, costituito dalla retribuzione come ore di lavoro straordinario.

 

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 28/08/2015, n. 17286 (rv. 636802)

La nullità di una sanzione disciplinare per violazione del procedimento finalizzato alla sua irrogazione – sia quello generale di cui all’art. 7 st.lav., sia quello specifico previsto per gli autoferrotranvieri dall’art. 53 del r.d. n. 148 del 1931, all. A (nella specie, l’omessa pronuncia da parte del Consiglio di disciplina) – rientra tra quelle cd. di protezione poiché ha natura inderogabile ed è posta a tutela del contraente più debole del rapporto, vale a dire il lavoratore, sicché è rilevabile d’ufficio. (Rigetta, App. Potenza, 27/02/2014)

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 05/10/1998, n. 9876

La facoltà di comminare la sanzione della sospensione temporanea dell’erogazione dei contributi sindacali, di cui all’art. 4 comma 2 l. n. 146 del 1990, non può non essere attribuita al datore di lavoro essendo a questi demandato il compito di effettuare – ai sensi dell’art. 26, commi 2 e 3, l. n. 300 del 1970, abrogato, con effetto dal 30 settembre 1995, dal d.P.R. n. 313 del 1995 – le “ritenute sul salario” corrispondenti ai contributi che i lavoratori intendono versare al sindacato. Tale principio trova conferma nella sentenza della Corte cost. n. 57 del 1995 ove si è sottolineato che il potere sanzionatorio in questione, essendo strumentale alla salvaguardia delle finalità limitative dello sciopero, funzionale a garantire i servizi pubblici essenziali e collegato quindi alla tutela di un interesse pubblico, implica un’attività valutativa nel cui esercizio la discrezionalità del datore di lavoro deve essere limitata dalla Commissione di garanzia.

 

Cass. civ. Sez. Unite, 27/10/1995, n. 11175

La sospensione preventiva dallo stipendio e dal servizio, disposta ai sensi dell’art. 46 dell’all. A al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148 nei confronti degli agenti autoferrotranviari sottoposti a procedimenti disciplinari e penali, costituisce non già una sanzione disciplinare, come la sospensione dal servizio prevista dall’art. 42 dello stesso allegato, ma una misura cautelare di carattere provvisorio, che è estranea al procedimento disciplinare, ancorchè ad esso connessa, e, pertanto, è impugnabile davanti al giudice ordinario – secondo il criterio generale stabilito dall’art. 10 del citato r.d., modificato dalla l. 24 luglio 1957 n. 633, che affida all’a.g.o. la cognizione delle controversie relative al rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri – e non davanti al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 58 del detto allegato A, che si riferisce, invece, ai provvedimenti disciplinari in senso proprio (da chiunque adottati).

 

Cass. civ., 21/05/1982, n. 3124

Secondo la disciplina del cosiddetto equo trattamento degli autoferrotranvieri, che costituisce un corpo di norme organizzative e disciplinari avente carattere chiuso ed autonomo, tale da escludere la possibilità di ogni riferimento alle garanzie stabilite, in tema di sanzioni disciplinari, dalla l. n. 300 del 1970, la richiesta della pronuncia del consiglio di disciplina, prevista, in ordine alla sanzione di destituzione dal direttore dell’azienda, dall’art. 53 allegato A al r. d. 8 gennaio 1931, n. 148, non costituisce un obbligo dell’azienda, ma è rimessa all’esclusiva iniziativa dell’agente (da esercitarsi nel termine di cui all’ultimo comma dell’art. cit.); ne consegue che, ove questi ometta di promuovere il giudizio, ai sensi degli art. da 54 a 58 del regolamento, innanzi all’organo anzidetto, il provvedimento adottato dal direttore (similmente ad un ordinario licenziamento non impugnato nel termine di cui all’art. 6 l. n. 604 del 1966) diviene definitivo ed esecutivo, al pari della decisione del consiglio di disciplina non fatta oggetto di ricorso al giudice amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità, senza che a nessuna autorità giudiziaria, e tanto meno all’autorità giudiziaria ordinaria (anche nel caso in cui quest’ultima abbia affermato la propria giurisdizione con sentenza passata in giudicato), sia più consentito un qualunque esame di merito.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 10/06/1988, n. 3982

L’art. 1, r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 riserva la disciplina della retribuzione (cioè – secondo l’espressione usata dalla norma – degli stipendi e delle paghe), delle competenze accessorie e di ogni altra indennità spettante agli autoferrotranvieri in dipendenza del rapporto di lavoro alla contrattazione collettiva, la cui interpretazione da parte del giudice del merito (nel caso di contratti di diritto comune) è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione (nella specie, l’impugnata sentenza aveva ritenuto che l’indennità di centro elettrocontabile facesse parte delle competenze accessorie a carattere fisso e continuativo previste dall’art. 6, ccnl del 1976 e fosse quindi computabile, a norma dell’art. 17 dello stesso contratto, nella retribuzione normale sulla quale calcolare la maggiorazione per il lavoro straordinario; la suprema corte – rilevata incidentalmente l’avvenuta abrogazione del r. d. l. 19 ottobre 1923, n. 2328 ad opera dell’art. 104, d. p. r. 11 luglio 1980 n. 753 – ha confermato detta statuizione, giudicando irrilevante il fatto che la suindicata indennità fosse stata istituita prima del contratto del 1976 e con riguardo alle giornate di effettiva presenza, attese, sotto quest’ultimo profilo, le concrete modalità di erogazione dell’emolumento quali accertate dal giudice del merito).

 

Corte d’Appello Roma Sez. lavoro, 14/06/2006

In tema di rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, l’art. 5 del R.D.L. n. 692/1923, secondo cui il lavoro straordinario deve essere remunerato con un aumento del 10 per cento sulla paga per lavoro ordinario, si applica nel solo caso di superamento del limite legale di quarantotto ore dell’orario di lavoro. All’interno di tale limite, opera il criterio generale di cui all’art. 2108 cod. civ. per cui le ore straordinarie devono essere compensate con un aumento, quale che sia, di retribuzione rispetto a quella per lavoro ordinario.

 

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 13/10/2015, n. 20504 (rv. 637739)

L’art. 20 del c.c.n.l. autoferrotranvieri del 23 luglio 1976, individua la “tratta a cui l’agente appartiene” quale elemento strutturale utile per l’individuazione della residenza di servizio, sicché essa, in ragione delle mansioni in concreto svolte dai dipendenti e del luogo in cui esse vengono espletate (nella specie, quali operatori di manutenzione nell’ambito della tratta), è idonea a costituire riferimento per l’assegnazione delle sede ed il riconoscimento dell’indennità di trasferta. (Rigetta, App. Catania, 09/01/2009)

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 20/05/2002, n. 7309

L’art. 4 bis l. 23 luglio 1991 n. 223, deve essere interpretato nel senso che, con il richiamo alle disposizioni in materia di mobilità e trattamento relativo, essa ha disciplinato la situazione degli autoferrotranvieri colpiti da licenziamenti collettivi, intimati da imprese assoggettate a procedure concorsuali, soltanto per quanto concerne l’istituto della mobilità ed il loro diritto a fruire degli effetti derivanti dalle norme sulla mobilità, ed in particolare della relativa indennità, stabilendo che a tali fini la dichiarazione di fallimento o la messa in liquidazione dell’impresa deve essere successiva al I gennaio 1993. Invece, per quanto riguarda la disciplina del procedimento preordinato al licenziamento collettivo, la normativa introdotta con l’art. 24 della predetta legge n. 223 del 1991 ha carattere assolutamente generale, sicchè le relative garanzia procedimentali si applicano anche ai dipendenti da imprese autoferrotranviarie senza che esse possano ritenersi incompatibili con le previsioni dell’art. 26 all. A al r.d. n. 148 del 1931, atteso che tale norma (che, nel disciplinare l’esonero del personale ferroviario in caso di riduzione di posti, autorizza l’assegnazione dei dipendenti in esubero a mansioni inferiori alla qualifica come alternativa al licenziamento) si pone su di un piano assolutamente diverso da quello procedimentale regolamentato dall’art. 24 legge n. 223 del 1991, che, tra l’altro, coinvolge anche le rappresentanze sindacali.

 

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 13/05/2009, n. 11012 (rv. 608412)

In tema di indennità di malattia per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, l’art. 56, lett. a), punto 8, del c.c.n.l. 1996/1999 del detto personale (il quale dispone che “per i giorni di malattia al dipendente viene corrisposta a decorrere dall’ottavo giorno una indennità sostitutiva giornaliera di importo pari all’indennità quadri o all’indennità di utilizzazione spettante nelle giornate di ferie”) va interpretato, in base al chiaro tenore letterale delle espressioni utilizzate art. 1362 cod. civ.), nel senso che l’indennità sostitutiva giornaliera va corrisposta anche nei giorni festivi in ragione dell’univoco riferimento all’indennità di utilizzazione spettante nelle giornate di ferie e, quindi, ad una indennità che prescinde del tutto dalla effettiva prestazione lavorativa. (Cassa e decide nel merito, App. Roma, 24/07/2006)

 

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 27/08/2015, n. 17248

Né l’indennità di mancato preavviso, né l’indennità di mancato godimento delle ferie rientrano nella base di computo del T.f.r. del personale delle Ferrovie dello Stato, ora Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. Non la prima, siccome non dipendente dal rapporto di lavoro, per la natura obbligatoria del preavviso, comportante la risoluzione immediata del rapporto. Non la seconda, in quanto esclusa dal calcolo del T.f.r. in modo non indiretto ma chiaro ed univoco, non già per espressa menzione e tuttavia ben ricavabile dalla disciplina, in via più generale, di un’autonoma e diversa nozione di retribuzione ai detti fini, contenuta negli accordi collettivi nazionali 1 febbraio 1996 e 24 settembre 1996.

 

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 03/06/2013, n. 13917 (rv. 626664)

In tema di individuazione del presupposto fissato dall’art. 29, all. 7, del c.c.n.l. 1990/1992 del personale delle Ferrovie dello Stato, per la sussistenza del diritto al beneficio del premio giornaliero per il disimpegno, oltre alle normali attribuzioni, del servizio spettante al dipendente assente, appare rispettosa dei canoni legali di ermeneutica contrattuale l’interpretazione data dal giudice del merito, secondo cui all’ipotesi di “improvvisa assenza” deve essere equiparata quella di cronica assenza di personale, potendosi ritenere, attraverso una interpretazione estensiva, che il compenso per la sostituzione di un dipendente assente sia dovuto, in base al principio di cui all’art. 36 cost., anche nell’ipotesi in cui l’assenza, anziché improvvisa, sia stata determinata da carenza di organico. (Rigetta, App. Catania, 14/04/2006)

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 27/11/2012, n. 21028 (rv. 624623)

In tema di ferie del lavoratore, allorché il lavoratore, assentatosi dal lavoro a causa di una lunga malattia, non abbia goduto – in tutto o in parte – delle ferie annuali di propria spettanza entro il periodo stabilito dalla contrattazione collettiva in assenza di alcuna determinazione al riguardo da parte del datore di lavoro, non può desumersi dal silenzio serbato dall’interessato alcuna rinuncia – che, comunque, sarebbe nulla per contrasto con norme imperative (art. 36 Cost. e art. 2109 cod. civ.) – e quindi il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute. Ne deriva che le clausole di contratti collettivi (nella specie, art. 51 del CCNL dei dipendenti ferroviari) che prevedono, nel corso del rapporto, esclusivamente il diritto al godimento delle ferie e non anche all’indennità sostitutiva, in applicazione del principio di conservazione del contratto, devono essere interpretate nel senso che in ogni caso la mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non può escludere il diritto di quest’ultimo all’indennità sostitutiva delle ferie, in considerazione della irrinunciabilità del diritto stesso, costituzionalmente garantito. (Cassa con rinvio, App. Roma, 13/11/2006)

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 14/01/2015, n. 467

In tema di malattia ed eziologia plurifattoriali, la prova della causa di lavoro o della speciale nocività dell’ambiente di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 13/06/2000, n. 8058 (rv. 537558)

In materia di inquadramento dei lavoratori autoferrotranvieri, deve ritenersi valida la clausola collettiva che escluda da nuove classificazioni del personale gli inidonei al servizio destinati al prepensionamento ex art. 3 della l. n. 270 del 1988, posto che la disciplina e la determinazione del trattamento economico dei dipendenti è riservata alla contrattazione collettiva ex art. 1 r.d. n. 148 del 1981 e che la differenza di disciplina per i lavoratori inseriti nei programmi di esodo è giustificata dall’assegnazione degli stessi a mansioni inferiori, ex art. 27 del regolamento all. A del predetto r.d. (Fattispecie relativa all’accordo collettivo nazionale 13 maggio 1987, concluso in vista dell’abrogazione della l. 1 febbraio 1978 n. 30 – regolante con carattere imperativo la materia della classificazione del personale – e applicabile a far data da tale abrogazione).

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 26/01/1999, n. 704

La mancata concessione del riposo settimanale con definitiva perdita dello stesso da parte del lavoratore è illecita, contrastando (oltre che con l’art. 2109, comma 1, c.c.) con l’art. 36, comma 3, cost. e, in quanto tale, non può essere validamente disciplinata nè da clausole di contratto (collettivo o individuale) – che sarebbero nulle per contrarietà a norme imperative o, più precisamente, per illiceità dell’oggetto – nè dalla legge, che sarebbe fondatamente sospettabile di illegittimità costituzionale. L’attribuzione patrimoniale spettante al lavoratore (che abbia prestato attività nel settimo giorno consecutivo) per la definitiva perdita del riposo – non fruito neppure in un arco temporale maggiore di sette giorni – ha natura risarcitoria e non retributiva, essendo diretta non già a compensare la prestazione lavorativa eccedente rispetto agli obblighi contrattuali, ma ad indennizzare il lavoratore per il titolo (autonomo e diverso rispetto alla prestazione lavorativa) rappresentato dalla perdita del riposo e dalla conseguente usura psico – fisica. Tale danno – di natura contrattuale perchè correlato all’inadempimento del datore di lavoro, il quale compie una scelta organizzativa in contrasto con norme imperative – è oggetto (quanto all’an) di presunzione assoluta, posto che dalla norma dell’art. 36 cost. si desume che la mancata fruizione del riposo settimanale è lesiva di un diritto fondamentale che deve essere rispettato per tutelare il benessere fisico e psichico dei lavoratori e che è irrinunciabile (sicchè rispetto ad esso non è ipotizzabile l’applicazione dell’art. 1227 c.c., non potendosi attribuire alcun rilievo alla volontarietà del comportamento tenuto dal lavoratore). La determinazione dell’entità del danno non deve essere effettuata in astratto, ma deve essere stabilita (eventualmente in via equitativa) dal giudice di merito secondo una motivata valutazione che tenga conto della gravosità delle varie prestazioni lavorative e di eventuali strumenti e istituti affini della disciplina collettiva, nonchè di clausole collettive che – a differenza di quelle (nulle e perciò inutilizzabili) che direttamente regolamentino l’ipotesi illecita suindicata – si limitino a disciplinare il “risarcimento” riconosciuto al lavoratore nell’ipotesi medesima, salvo restando che il giudice deve astenersi dalla liquidazione del pregiudizio in oggetto soltanto nel caso in cui il contratto collettivo preveda un’indennità per mancato riposo e che la mera acquiescenza del lavoratore a turni predisposti dal datore di lavoro non è sufficiente ad escludere il suddetto diritto.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 21/04/1997, n. 3432

Nella valutazione dell’esistenza, o meno, di un giustificato motivo di licenziamento per il raggiungimento dell’età pensionabile, intimato da un’azienda autoferrotranviaria ad un agente nonostante l’opzione di quest’ultimo per la prosecuzione del rapporto, esercitata in epoca anteriore alla sentenza n. 226 del 1990 della Corte cost. che ha dichiarato illegittimo, per violazione del principio della parità di trattamento l’art. 6, comma 1, d.l. 22 dicembre 1981 n. 791, conv. con modificazioni nella l. 26 febbraio 1982 n. 54, nella parte in cui non estende (anche) agli autoferrotranvieri la facoltà di optare per la prosecuzione del servizio fino al compimento del sessantacinquesimo anno d’età, come previsto per gli altri lavoratori, il giudice adito deve applicare tale disposizione tenendo conto di tale pronuncia, che, pur avendo carattere manipolativo – additivo per il fatto di introdurre nell’ordinamento la facoltà (in precedenza mancante) per il prestatore di optare per la prosecuzione del rapporto, ha non di meno efficacia retroattiva, al pari delle sentenze meramente caducatorie, con il solo limite dei rapporti già esauriti.

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 09/08/1995, n. 8760 (rv. 493626)

In tema di rapporto di lavoro del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto, il provvedimento di esonero del dipendente di sesso femminile, in funzione del successivo compimento dell’età di cinquantacinque anni stabilita dall’art. 10 l. 28 luglio 1961, n. 830, per il conseguimento del diritto alla pensione, in quanto affetto da nullità assoluta e privo di effetti negoziali ai sensi dell’art. 37 Cost. e 1418 c.c., non incide sulla persistenza del rapporto di lavoro e sul permanere degli originari obblighi contrattuali, la cui interruzione è esclusivamente addebitabile al datore di lavoro, tenuto al ripristino del rapporto ed al risarcimento del danno, restando peraltro esclusa l’applicazione dell’art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300, in funzione della speciale natura del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri.

 

Cass. civ. Sez. Unite, 22/03/1995, n. 3319

In tema di rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine all’impugnazione dei provvedimenti disciplinari, prevista dall’art. 58 dell’all. A) al r.d. 8 gennaio 1931 n. 148 – la quale si giustifica con la preminenza dell’interesse collettivo al regolare svolgimento del servizio pubblico di trasporto – non si estende a provvedimenti diversi da quelli disciplinari ed alle controversie relative alle obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro; in particolare esula dalla giurisdizione amministrativa e rientra invece in quella del giudice ordinario la controversia che ha per oggetto la tutela patrimoniale spettante al lavoratore a seguito dell’avvenuto annullamento della sanzione disciplinare della destituzione da parte del giudice amministrativo.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 17/11/1993, n. 11347

Non esiste nel nostro ordinamento un criterio, neppure sussidiario, di onnicomprensività della retribuzione, il quale però può essere adottato dalla legge o dalla contrattazione collettiva in relazione a singoli istituti, come dall’art. 2120 c.c. (vecchio testo) per la comune indennità di anzianità, cui è equiparabile l’indennità di buonuscita degli autoferrotranvieri, e dall’art. 2121 c.c. (nuovo testo) per il trattamento di fine rapporto; i compensi per lavoro straordinario fisso e continuativo, sempre che presentino i richiesti caratteri della continuità e della non-occasionalità (art. 2120 e 2121 citati), devono essere inclusi nella base di calcolo dei tre predetti istituti, senza che a tal fine rilevi l’accertamento in ordine all’eventuale avvenuta modificazione pattizia dell’orario normale di lavoro, con inclusione in esso dello straordinario fisso e continuativo e conseguente assorbimento del relativo compenso nella retribuzione normale.

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 11/06/1990, n. 5654

Con riguardo ad istituti retributivi indiretti il cui importo, in mancanza di una regola legale di onnicomprensività, debba essere determinato alla stregua della retribuzione normale definita dalla disciplina collettiva (nella specie, art. 6, ccnl del 1976 per gli autoferrotranvieri), la continuatività di un compenso (nella specie, per lavoro notturno), ai fini dell’inclusione di esso nella retribuzione predetta, deve essere accertata ex ante e non già ex post e, quindi, con riferimento alla sussistenza o no di una previsione astratta di sua corresponsione e non già alla stregua della continuatività in concreto della sua erogazione.

 

Tribunale Milano Sez. lavoro Sent., 05/05/2010

In tema di demansionamento e di dequalificazione il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva, (non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale) non può prescindere da una specifica allegazione nel ricorso introduttivo sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo.

 

Tribunale Milano, 17/06/2009

La nozione di equivalenza delle mansioni che costituisce il limite dello “ius variandi” previsto dall’art. 2103 c.c. non può essere riguardata soltanto in astratto e cioè in base ad una mera comparazione in relazione al livello contrattuale in cui le stesse risultano inquadrabili. Tale comparazione costituisce solo il primo necessario momento di analisi con conseguente valenza fortemente presuntiva della non equivalenza delle mansioni poste a raffronto laddove ne risulti un diverso inquadramento operato dalle stesse parti sociali, ma, come noto, la detta equivalenza deve sussistere in concreto (Cass. 31 dicembre 1996, n. 10788), dovendosi aver riguardo a diversi elementi quali ad es. quelli del grado di autonomia, discrezionalità nell’esercizio delle mansioni nonché alla posizione del dipendente nel contesto organizzativo del lavoro.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 06/06/2005, n. 11736

Il lavoratore che presti servizio nella giornata destinata al «riposo compensativo dello svolgimento del turno su cinque giorni lavorativi» ha diritto, qualora tale giornata coincida con una festività infrasettimanale, al pagamento della retribuzione per lavoro straordinario festivo, ma non alla fruizione di altro giorno di riposo in sostituzione di quello non goduto. La mancata fruizione del riposo compensativo, remunerata dall’azienda come lavoro straordinario, non concreta violazione della normativa legale e contrattuale applicabile ai ferrovieri e non determina per il lavoratore alcun pregiudizio di carattere retributivo, risarcitorio o indennitario sotto il possibile danno da usura psicofisica, perché l’usura determinata dal protrarsi delle ore lavorative al di là di quelle dedotte in contratto riceve già un adeguato ristoro, costituito dalla retribuzione come ore di lavoro straordinario.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 18/08/2004, n. 16149 (rv. 575835)

Ai fini della determinazione dei compensi per lavoro straordinario dei ferrovieri, mentre non può tenersi conto dell’aumento del trattamento retributivo ordinario concesso al primo dirigente statale dalla legge 11 luglio 1980, n. 312, la cui non computabilità è rimasta ferma anche dopo la legge 6 agosto 1981, n. 432, di conversione del decreto legge 6 giugno 1981, n. 283, e della legge 20 novembre 1982, n. 869, di conversione del decreto legge 27 settembre 1982, n. 681, deve invece tenersi conto degli ulteriori aumenti stabiliti da tali leggi.

 

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 25/03/2004, n. 6018 (rv. 571551)

Il compimento del periodo – fissato dalla disciplina collettiva e comunque non superiore a tre mesi – di assegnazione a mansioni superiori, cui consegue, ai sensi dell’art. 2103 c.c., nel testo di cui all’art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il diritto del lavoratore alla cosiddetta promozione automatica, può risultare anche dal cumulo di vari periodi, quando le prestazioni di mansioni superiori abbiano assunto – indipendentemente da un intento fraudolento dell’imprenditore diretto ad impedire la maturazione del diritto alla promozione – carattere di frequenza e di sistematicità, desumibile dal numero di assegnazioni e dal tempo intercorso fra un’assegnazione e l’altra; le norme contrattuali in materia vanno interpretate alla luce della suddetta disciplina legale, alla quale il contratto non può derogare se non in melius (Fattispecie relativa all’interpretazione dell’art. 41 del ccnl per i ferrovieri).

 

 

2022-06-04T19:35:13+02:00
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